Chi siamo

Osservazioni, schizzi, resoconti, pensieri imperiodici dalla stagione del centro di promozione teatrale La Soffitta e non solo. Servizi, approfondimenti e recensioni a cura del laboratorio di critica teatrale "Lo sguardo che racconta" condotto da Massimo Marino presso la Laurea Specialistica in Discipline Teatrali dell’Università degli studi di Bologna.


Direttore: Massimo Marino

Caporedattore: Serena Terranova

Redattori: Beatrice Bellini, Lorenzo Donati, Alice Fumagalli, Francesca Giuliani, Maria Cristina Sarò

Web designer: Elisa Cuciniello

Segreteria organizzativa: Valeria Bernini, Tomas Kutinjac

Hanno scritto: Valentina Arena, Stefania Baldizzone, Valeria Bernini, Elena Bruni, Alessandra Consonni, Alessandra Coretti, Elisa Cuciniello, Irene Di Chiaro, Serena Facioni, Antonio Guerrera, Sami Karbik, Tomas Kutinjač, Roberta Larosa, Nicoletta Lupia, Valentina Miceli, Paola Stella Minni, Andrea Nao, Saula Nardinocchi, Vincenzo Picone, Giusy Ripoli, Maria Pina Sestili, Giulia Tonucci

ATTENZIONE

Questo blog è realizzato dal laboratorio in completa autonomia dal Dipartimento di Musica e Spettacolo dell’Università di Bologna.




mercoledì 20 febbraio 2008

L'emarginazione ontologica di una terra e di una donna

DISSONORATA di Scena Verticale

Pasqualina e la sua storia di donna “dissonorata”, in una terra dove i sentimenti e le vicende umane si scontrano con le convenzioni che portano all’emarginazione. L’ultimo e premiato lavoro di Scena Verticale approda al teatro ITC di San Lazzaro

“Sungu ‘na guagliona e quannu passu mìanzu i genti agghia teni ‘a capa vasciata fa chi cuntu i petri pi ‘nterra”.
A parlarci è Pasqualina, pastorella calabrese che confida al pubblico la sua storia di ragazza tragicamente punita perché dissonorata, rimasta incinta contravvenendo alle leggi non scritte dell’onore e della dignità. Pudicamente seduta in scena, accompagnata unicamente da contrappunti musicali che scandiscono le fasi della storia o che addirittura si sostituiscono al racconto, laddove la parola non può o non vuole arrivare. Una parola che è resa dallo strettissimo dialetto calabro-lucano assai ritmica, fino a divenire dolce nenia, permettendo anche allo spettatore poco avvezzo a certe sonorità di cogliere le sfumature principali della modulazione di toni e significati.
Eppure sotto quel modesto vestitino scorgiamo abiti maschili, come a ricordarci che sono memorie trasmesse da un uomo, uno straordinario Saverio La Ruina, capace di tradurre una vicenda femminile che parla di storie universali in una partitura di gesti assorbiti eppure tanto evocativi. Non a caso vince il premio Ubu sia come miglior attore che come miglior testo italiano, evidenziando in tal modo la peculiarità della ricerca drammaturgia di Scena Verticale, volta a dare grande dignità a tutte le sfumature del proprio dialetto, lingua di una terra tanto amata quanto difficile da vivere, allora come adesso, soprattutto per chi lotta da tempo per fare e far conoscere lì del buon teatro.
Gracias a la vida – dolcissimo brano con cui si conclude lo spettacolo - è allora anche un ringraziamento per chi continua a credere in una possibile rivincita per questa terra ‘ontologicamente emarginata’.

Elisa Cuciniello

Nessun commento: