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Osservazioni, schizzi, resoconti, pensieri imperiodici dalla stagione del centro di promozione teatrale La Soffitta e non solo. Servizi, approfondimenti e recensioni a cura del laboratorio di critica teatrale "Lo sguardo che racconta" condotto da Massimo Marino presso la Laurea Specialistica in Discipline Teatrali dell’Università degli studi di Bologna.


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martedì 29 aprile 2008

Il teatro nella diversità

Sono molteplici e differenziate le esperienze teatrali che hanno prodotto nell’ambito del disagio sociale un lavoro artistico che vanta i nomi delle più autorevoli compagnie, italiane e non. Dal Teatro Nucleo a Lenz Rifrazioni ad Arte e salute. Un modo per ricordare quel che è stato fatto e quel che ancora potrebbe essere compiuto a trent’anni dall’emanazione della legge Basaglia.

Il binomio teatro/disagio psichico è al centro del lavoro di compagnie o gruppi che, in seguito a un graduale ampliamento dei confini dell’arte teatrale a partire dagli anni ‘60, si sono mossi all’interno dell’ambito artistico, con richiami necessari al contesto sociale.
Esperienza rilevante è quella promossa dal Centro per il Teatro nelle Terapie, fondato dalla compagnia italo-argentina Teatro Nucleo nel 1992. L'aspetto terapeutico è parte costitutiva del lavoro teatrale e si sviluppa contemporaneamente alla ricerca di una forma specifica di pedagogia. Il CETT è uno spazio per la ricerca, la pratica e l'insegnamento di esperienze teatrali che possono trovare applicazione nelle terapie per disabili psichici o fisici e nelle problematiche di disadattamento sociale. Le prime iniziative del Teatro Nucleo in Italia si collocano nell'ambito del movimento "Psichiatria Democratica" guidato da Franco Basaglia, che dall'inizio degli anni '70 conduce la lotta contro i metodi "terapeutici" della psichiatria tradizionale italiana. E’ in tale contesto che si inserisce il progetto teatrale ideato da Giuliano Scabia nel ‘73 (Marco Cavallo) presso l’Ospedale Psichiatrico di Trieste: un teatro inteso come strumento integrativo di relazioni sociali, creatore di rapporti di parità con l’interno (tra operatori, artisti e pazienti) e con l’esterno, antropocentrico, in quanto pone al centro della ricerca l’uomo-individuo, non la malattia. Nello stesso periodo il Living Theatre lavora a Genova, l’Odin Teatret nel manicomio di Volterra, il Gruppo Libero di Bologna a Imola.
Su questa linea si innestano, inoltre, le esperienze di Lenz Rifrazioni e Arte e salute ONLUS. Entrambe le compagnie operano, tra l’altro, nel campo del disagio, ma l’una propone un teatro che si fa mediatore, che ha come fine la terapia attraverso lo strumento artistico, l’altra un teatro che ha come obiettivo l’esito finale.
Lenz Rifrazioni lavora da otto anni con un gruppo di attori ex lungo degenti psichici del manicomio di Colorno, proponendo esperienze laboratoriali ed esiti performativi, in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale dell’AUSL di Parma. Il lavoro drammaturgico prevede di partire da un testo, insieme agli attori, per giungere alla stesura di un copione personale; lo spettacolo rappresenta un breve frammento rispetto alla teatralità intesa come work in progress: la drammaturgia è pre-durante-post l’esito finale. Il lavoro artistico ha consentito ai pazienti una riapertura, un aumento delle prospettive di azione al di fuori dell’adempimento dei regolari comportamenti quotidiani.
Nanni Garella dal ‘99 dirige il progetto Arte e Salute con alcuni pazienti psichiatrici, cooperando con il Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda USL di Bologna, allo scopo di realizzare spettacoli teatrali professionali; per cui, non si è solo cercato di integrare teatro e terapia, ma il lavoro è stato condotto al fine di rendere drammaturgicamente valida la presenza scenica legata al terreno del disagio.
Tutte queste esperienze non sono state brevi e occasionali: si tratta di veri e propri percorsi formativi con una durata temporale che di solito copre l’anno di attività, per poi proseguire successivamente. La cooperazione fra attori psichiatrici e attori professionisti é resa possibile in primis dalla continuità e, in casi specifici, ha permesso la professionalizzazione di queste identità, in grado, con il tempo, di collaborare autonomamente al fianco di professionisti.

Maria Pina Sestili

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