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Osservazioni, schizzi, resoconti, pensieri imperiodici dalla stagione del centro di promozione teatrale La Soffitta e non solo. Servizi, approfondimenti e recensioni a cura del laboratorio di critica teatrale "Lo sguardo che racconta" condotto da Massimo Marino presso la Laurea Specialistica in Discipline Teatrali dell’Università degli studi di Bologna.


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venerdì 29 febbraio 2008

Larve umane, nude e mascherate

CANI DI BANCATA, di Emma Dante

Una denuncia furiosa di Emma Dante sulla Famiglia e su Cosa Nostra, dove la mafia assume le sembianze materne e tutti si inchinano alla sua volontà mettendo le proprie misere vite nelle mani di una mamma santissima che non li abbandonerà mai. Un femmina- cagna che mostra i denti prima di aprire le cosce. Il potere mafioso viene descritto finalmente per quello che è realmente: un agglomerato di volgarità ed indecenze.


Larve umane, nude e mascherate. Schierati impietosamente, i cani di bancata, parassiti nutriti col sangue della giustizia, si masturbano sotto gli occhi di una madre perversa, diavoli battezzati in adorazione di una puttana; “io, madre, vi affido l’Italia”. Emma Dante con il suo spettacolo Cani di bancata affonda le mani, senza timore di sporcarsi nel fetido e putrido fango della mafia, ridisegnando la cartografia del nostro paese: un’Italia capovolta con la Sicilia che le fa da cappello. L’abilità costruttiva della teatrante palermitana ci rappresenta, con un ciglio grottesco ma perfidamente serio, le regole del gioco mafioso e i comandamento della sua religione.
La mafia ha il volto di una madre-cagna che celebra il rito d’iniziazione dei propri figli “Nel nome del Padre, del Figlio, della Madre e dello Spirito santo”. Essi danzano con “mamma santissima” scambiandosi il bacio dell’onore, un perfetto ballo circolare come quelli che si svolgono a corte, dove i bravi danzatori eseguono alla perfezione i loro schemi, dai quali non conviene uscire.
Il ventre della madre partorisce il banchetto in cui verrà consumata l’Ultima Cena, dove il nuovo entrato occupa il posto d’onore nella rigida piramide gerarchica: un uomo come tanti, un capotreno, che per vivere è costretto a sacrificare tutto per affiliarsi a questa perfida Famiglia, carnefice di se stessa. La mafia siede al vertice del Parlamento, è la puttana che seduce lo Stato, che ammalia e umilia gli amanti che vi siedono oggi: spacciatori e cardinali, giornalisti e imprenditori, colonnelli e sottosegretari, dottori e liberi assassini.
La scenografia è presente come attore sulla scena e gli attori spesso divengono loro stessi macchina teatrale. Gli oggetti in scena sono essenziali e funzionali; diventano altro da sé, acquistano nuovi usi e significati, come il vestito di mamma santissima che si trasforma nella tovaglia del banchetto o i cappelli colorati che gravano sulla teste dei figli della mafia.
Il teatro di Emma Dante non credo voglia procurare o scandalizzare, ma accusare e condannare senza troppi sotterfugi. Una presenza viva e vitale del nostro teatro che sa usare bene gli attrezzi della scena, che conserva tutta la sfrontatezza dell’immaginazione e della creazione.
La Compagnia Sud Costa Occidentale, da lei stessa fondata nel 1999, trae la sua forza e la sua originalità da un radicato lavoro in una delle molte periferie italiane e forse anche teatrali, ma anche da un onesto impegno teatrale e sociale.

Saula Nardinocchi

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