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Osservazioni, schizzi, resoconti, pensieri imperiodici dalla stagione del centro di promozione teatrale La Soffitta e non solo. Servizi, approfondimenti e recensioni a cura del laboratorio di critica teatrale "Lo sguardo che racconta" condotto da Massimo Marino presso la Laurea Specialistica in Discipline Teatrali dell’Università degli studi di Bologna.


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sabato 12 aprile 2008

Drammaturgia dei rilievi

Pathosformel a La Soffitta con Timidezza delle ossa, spettacolo vincitore della segnalazione speciale Premio Scenario 2007




Sarebbe interessante sentire cosa ne direbbe Mallarmè.
La visione che ci propone questo spettacolo è senza filtri, priva di una chiave di lettura precisa. Tutto è lasciato al cadere in profondità senza punti d'appoggio. Profondità che spaventa, acceca, urla. Eppure è tutto qui, davanti a noi su una superficie gommosa che fonde il passato col presente, il dentro col fuori, il percepito con l'illusione, il pulito con lo sporco: nero su bianco. Sembra un'immagine microscopica di particelle che decidono di riunirsi e farci intravedere un organismo sempre più complesso, timido nel suo affiorare, spaventato nel suo ritirarsi. Sono immagini di ossa umane che vengono a concretizzarsi. E' il risultato di un sofisticato lavoro tra due corpi e il pannello, composto di PVC. I rilievi assumono sembianze di braccia, di schiene, di mammelle, di fianchi maschili e femminili che a tratti sembrano quadri di Klimt, ridotti all'osso. Sfumature erotiche che cadono e risalgono senza gravità, si sostengono, si accarezzano, lottano. Due corpi risucchiati da un vortice dantesco che gira eternamente in un ritmo fluido e plastico, producendo sonorità ‘primordiali’ che proiettano l’immaginario in una dimensione epica. La compagnia veneta Pathosformel, il cui nome si rifà ai valori dell'archetipo e dell'ancestralità, coniati da Aby Warburg, di alcune immagini che riemergono attraverso i secoli nella storia dell’arte, propone una visione senza tempo e spazio precisi. Potremmo collocarla al momento della creazione del mondo, destinata all'eternità, in un luogo qualsiasi che non abbia gravità. Forse un sogno. Sicuramente una poesia, scritta col corpo.

Tomas Kutinjač

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