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Osservazioni, schizzi, resoconti, pensieri imperiodici dalla stagione del centro di promozione teatrale La Soffitta e non solo. Servizi, approfondimenti e recensioni a cura del laboratorio di critica teatrale "Lo sguardo che racconta" condotto da Massimo Marino presso la Laurea Specialistica in Discipline Teatrali dell’Università degli studi di Bologna.


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Questo blog è realizzato dal laboratorio in completa autonomia dal Dipartimento di Musica e Spettacolo dell’Università di Bologna.




lunedì 23 giugno 2008

Intervista a Caterina Sagna

Conversazione con Caterina Sagna, autrice dello spettacolo Basso Ostinato


La sua compagnia è fissa in Francia, a Rennes, da tre anni....
Da una ventina di anni la compagnia si sposta continuamente tra Francia e Italia. Lungo tutti questi anni gli apporti alla compagnia vengono maggiormente dalla Francia. É il posto dove senzaltro il nostro lavoro è più seguito e aiutato quindi ho deciso di trasferirla in residenza a Rennes. Amministrativamente è più conveniente, ma artisticamente non cambia molto.

Come nasce lo spettacolo Basso ostinato?
Basso ostinato, in termini musicali, è una variazione di basso continuo. É la combinazione melodica e ritmica affidata alla parte più bassa di una composizione, che si ripete incessantemente dal principio alla fine del pezzo, sul quale le altre parti, strumentali e vocali possono liberamente muoversi. Il nostro ‘basso ostinato’, la cellula che si ripete durante tutto lo spettacolo, non è musicale ma è una situazione quotidiana. Si tratta di tre danzatori che chiacchierano alla fine del pasto prendendo un digestivo. Questo nasce dall’improvvisazione che abbiamo tenuto come punto di riferimento per tutto lo spettacolo. É un dialogo fatuo, divertente, niente di eccezionale; come quando si beve un pò e si chiacchiera. Questa situazione riaccade diverse volte e contiene in sé tutti gli elementi che vengono sviluppati nel corso dello spettacolo. I movimenti, le coreografie, le danze, gli spostamenti nello spazio sono uno sviluppo dei movimenti contenuti nel dialogo iniziale. Movimenti assolutamente quotidiani che tutti noi facciamo quando si chiacchiera. C’è un’alterazione continua sia del dialogo che dei movimenti che compongono la prima scena e la loro decomposizione, nel senso dell’andare verso una marcescenza di tutto. Per cui c’è una sorta di scivolamento verso il basso (da qui l’ispirazione per il titolo) come interesse verso gli aspetti bassi, residuali della realtà che ci riguarda. É una sorta di discesa in profondità che va attraverso aspetti più deteriori. Nel corso dello spettacolo ci si rocollega con la digestione contenuta nel dialogo iniziale: loro ingeriscono qualcosa per digerire qualcosa. I personaggi possono essere letti alla fine come digeriti dalla scena, interni a un processo di digestione e decomposizione.

Tutto succede intorno a un tavolo. In cosa consiste il vostro lavoro sullo spazio?
Il tavolo nel Basso ostinato è un ingombro, quasi un quarto elemento. La relazione con esso è contunua e ripetuta. Nonostante sia immobile, ha una sua storia parallela a quella degli interpreti ed è un punto di riferimento continuo dal quale e al quale parte e ritorna il movimento. É come un fulcro d’attrazione, una calamita, in ogni caso un elemento drammaturgicamente vivo. Lo spazio circostante viene preso quando si tenta di allontanarsi dal tavolo. Nel corso del lavoro abbiamo cercato di dare vita al tavolo per cui esso respinge o attira i personaggi. La presa dello spazio scenico è ‘giustificata’ da una drammaturgia che include anche lo sviluppo della storia di questo tavolo.

Nello spettacolo è presente anche la parola come modo di espressione...
Esatto. Durante lo spettacolo anche la parola si disfa, perde il significato, viene alterata, trattata sia come testo verbale o in maniera più musicale. Direi che non è uno spettacolo astratto nel senso che le situazioni sono molto riconoscibili. Il montaggio non è assolutamente narrativo. La concretezza delle situazioni rende possibile immedesimarsi in quello che si vede e riconoscere qualcosa di personale, entrare nello spettacolo.

Tomas Kutinjač

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