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Osservazioni, schizzi, resoconti, pensieri imperiodici dalla stagione del centro di promozione teatrale La Soffitta e non solo. Servizi, approfondimenti e recensioni a cura del laboratorio di critica teatrale "Lo sguardo che racconta" condotto da Massimo Marino presso la Laurea Specialistica in Discipline Teatrali dell’Università degli studi di Bologna.


Direttore: Massimo Marino

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Redattori: Beatrice Bellini, Lorenzo Donati, Alice Fumagalli, Francesca Giuliani, Maria Cristina Sarò

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Hanno scritto: Valentina Arena, Stefania Baldizzone, Valeria Bernini, Elena Bruni, Alessandra Consonni, Alessandra Coretti, Elisa Cuciniello, Irene Di Chiaro, Serena Facioni, Antonio Guerrera, Sami Karbik, Tomas Kutinjač, Roberta Larosa, Nicoletta Lupia, Valentina Miceli, Paola Stella Minni, Andrea Nao, Saula Nardinocchi, Vincenzo Picone, Giusy Ripoli, Maria Pina Sestili, Giulia Tonucci

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Questo blog è realizzato dal laboratorio in completa autonomia dal Dipartimento di Musica e Spettacolo dell’Università di Bologna.




venerdì 18 aprile 2008

La regina del trash

COSTANZA MACRAS, L’inarrestabile ascesa di una coreografa che gioca con la quotidianità


La giovane e innovativa coreografa nasce nel 1970 in Argentina, a Buenos Aires, terra nella quale compie studi di danza e fashion design. A New York Costanza Macras si perfeziona con Merce Cunningham, uno dei principali esponenti dell’astrattismo americano, precursore della postmodern dance, dalla cui tecnica si scosterà durante il suo percorso d’autrice. La sua fantasiosa creatività viene alimentata ad Amsterdam, dove studia con Glen Eddy, Ivan Kranmar, Amanda Miller e altri, presentando già qualche suo lavoro e creando performance per club. Nel 1995, l’incontro con la stimolante e dinamica realtà berlinese, dove inizialmente danza per varie compagnie: basteranno un paio d’anni per l’avvio della prima compagnia di teatro danza “Tamagotchi Y2K”.
Tra il 1998 e il 2000 il gruppo presenta, in diversi teatri berlinesi ed europei, quattro performance “Wild Switzerland” (1998) “Face One” (1999), “In Between” (2000) e “Dolce Vita 2000”. Nel 2003 Macras fonda “Dorky Park”, la sua consacrazione a protagonista della scena di teatrodanza europeo, con il quale realizza due progetti nella capitale tedesca: “Back to the present”, allestito per la prima volta in un edificio fatiscente, ex centro commerciale, e “Happiness”, presentato al Saarbrucken.
Degna di memoria la produzione del 2004 “Scratch Neukoelln”, dove la coreografa affianca al suo gruppo inusuali performer: ragazzini di famiglie immigrate rubati alla scena hip hop del quartiere multietnico di Berlino.
Attualmente Costanza Macras lavora con la compagnia da lei creata “Dorky Park”, allestendo spettacoli nei principali teatri della città in cui vive la sua artisticità. Il filo rosso delle sue produzioni è la peculiarità di un collage sovraccaricato: le pièce, sebbene strutturate con profondo rigore, sono caotici amalgami di movimento, parola, video e musica.

Il teatro messo in scena dalla Macras è rabbioso, ma al contempo buffo, grottesco. Il collage compulsivo delle sue creazioni riflette e allo stesso tempo denuncia le perversioni consumistiche della nostra epoca, ma il corpo non è “violentato” da un’esigenza registica. È piuttosto il mezzo che comunica attraverso le sue incorporazioni della società; è un involucro bauschiano usato per le sue capacità espressive e passionali. La scena si riempie di uno studiato disordine, di oggetti comuni coi quali interagiscono i “danzattori”. Macras gioca letteralmente con la quotidianità. Nell’alternarsi di passaggi corali concitati e di azioni introspettive concentrate su pochi performer, le cui peculiarità caratteriali sono approfondite, esasperate o sconvolte, rileggiamo l’influenza forte del Tanztheater tedesco, unito a una aggressività tipicamente sudamericana e a un sarcasmo “almodovariano”. Un’estetica fatta dunque di esasperazione delle pratiche abitudinarie, riscontrabile nell’elaborazione del vocabolario gestuale e orale, in un certo gusto per l’abbigliamento, talvolta ridicolizzato. Uno sguardo palesemente femminile ma non troppo femminista, cosmopolita come sono i suoi danzatori iper-energici ma spaventato dal mondo globalizzato e disneyzzato, quello della miseria cittadina da un lato, e dall’altro del lusso sfrenato e protetto dei nuovi sobborghi borghesi.


Irene Di Chiaro e Paola Stella Minni

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