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Osservazioni, schizzi, resoconti, pensieri imperiodici dalla stagione del centro di promozione teatrale La Soffitta e non solo. Servizi, approfondimenti e recensioni a cura del laboratorio di critica teatrale "Lo sguardo che racconta" condotto da Massimo Marino presso la Laurea Specialistica in Discipline Teatrali dell’Università degli studi di Bologna.


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mercoledì 27 febbraio 2008

La stagione de La Soffitta, tra applausi e riflessioni taciute

La questione dei laboratori

Anche quest’anno il Dams propone una stagione teatrale eccellente, ma restano problemi irrisolti e taciuti. Si dimenticano i tagli futuri nei piani istituzionali, che comporteranno massicce riduzioni dei laboratori dai piani di studio. Ha davvero senso parlare di un’istituzione proiettata verso l’ innovazione e la sperimentazione? Bologna è ancora vittima di uno stato di inerziale sonnolenza?

Sono tutti d’accordo in conferenza stampa, la stagione della Soffitta è il chiaro segno di un Dams che afferma la sua unicità, offrendo all’intera cittadinanza un programma di qualità. Un Dams che oramai, risolti i problemi economici, punta sui giovani: “non c’è niente da fare, l’innovazione viene da loro, occorre incentivarli”, afferma il direttore del Dipartimento, la professoressa La Face. E improvvisamente appare tutto meraviglioso, un ottimismo velato di un ‘sottile’ strato di cecità (o se preferiamo falsità) colora il clima nella sala del rettorato. Si parla di grandi servizi per gli studenti, di spazi per la sperimentazione, di poli culturali voluti dal Comune, dall’Assessore, dai presidenti vari e dai professori illustri. Spazi belli, importanti; tutti ne prendono una ‘fettina’ di merito... Ma immerse nello scontato mare di formalità, emergono riflessioni pensate e taciute. La Soffitta propone indubbiamente interessanti laboratori: quest’anno ci saranno la Societas, il teatro delle Albe, Abbondanza e Bertoni. Tuttavia, chi frequenta il Dams accusa proprio la scarsità di attività laboratoriali, in rapporto a una più che prevalente attività teorica. Da anni Barba lamenta questo rapporto impari, accusando le università italiane di preparare storici e teorici che non hanno dimestichezza con la pratica scenica. Non si sta mettendo in discussione l’eccellente programmazione della Soffitta, sia chiaro, tanto meno l’importanza, la necessità del guardare teatro. Pochi e brevi laboratori però non sono sufficienti, ancor più tenendo in considerazione il richiamo del Dams bolognese di molti potenziali artisti, provenienti da tutta la penisola, ragazzi costretti a integrare le attività pratiche fuori dal contesto universitario. E questo comporta ingenti spese che risultano talvolta insostenibili, pur se necessarie.
Ci si dimentica che per il prossimo anno sono previsti massicci tagli ai laboratori istituzionali all’interno dei piani di studio, senza contare la totale scomparsa dell’indirizzo coreutico dalla laurea specialistica, che avrebbe potuto invece inaugurare una florida stagione italiana per i Dance studies. Questo è un fatto gravissimo. Ancora, ci si vanta di uno spazio enorme e senza dubbio molto funzionale, quello di via Azzo Gardino: prima di arrivare in questa sede, gli spazi laboratoriali non erano forse maggiori? Probabilmente occorrerebbero altri luoghi, meno grandiosi, ma veramente a disposizione degli studenti e, perché no, autogestiti. Ci si chiede allora se ci sia realmente l’idea di un’istituzione proiettata verso la sperimentazione e la formazione, che lasci ai giovani l’iniziativa e che offra loro gli strumenti per metterla in atto.
Il problema vero nel panorama teatrale bolognese non è tanto la mancanza di buone programmazioni, quanto uno stato di inerziale sonnolenza sotto l’aspetto della formazione teatrale e del sostegno ai giovani artisti. Pensiamo alla sicurezza economica di diversi festival di ricerca, questa è spesso assicurata troppo tardi, quando oramai la programmazione è compromessa. La maggior parte degli artisti bolognesi che cerca di fare sperimentazione, deve districarsi lungo un percorso ad ostacoli, rischiando generalmente di non arrivare a fine mese. E questo è grave, questa è una vera questione sulla quale riflettere.

Paola Stella Minni

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