Antonio Latella ritorna ad affrontare il grande regista cinematografico e teatrale tedesco Reiner Werner Fassbinder, in Le lacrime amare di Petra von Kant, testo scritto nel 1971, portato in scena lo stesso anno e girato su pellicola l’anno successivo, uno dei capolavori dell’autore tedesco. Lo spettacolo è prodotto nel 2006 e questa è la sua seconda tournée nei teatri italiani.
Lo spazio che abbiamo davanti è un luogo fisico e mentale. E’ la casa di Petra von Kant: un ambiente bianco, sterile, attraversato da ombre, da ricordi, da conflitti, da ossessioni. Il scena è scarna: un telo che funge da quinta e schermo sul quale verrà proiettato un magistrale gioco di ombre come contrappunto alla superficialità della scena e, in centro, un’enorme statua femminile di 5 metri, nuda. Un totem, un’icona, un ideale, una proiezione, un epicentro. E’ sul tema della possessività e amore (omosessuale) che ci viene proposto il filo conduttore di questo dramma al femminile. Petra è una stilista di successo, ricca, reduce da due matrimoni mal riusciti. Intorno a lei satellitano donne, tra serve, amiche, madri, figlie che dipendono dalle sue tasche. Ce infine Karin, bellissima giovane dalla quale Petra rimarrà affascinata fino a “innamorarsi”, le prometterà una carriera nel mondo della moda occupandosi di tutte le sue esigenze economiche. Tutti i personaggi intorno a Petra vanno e vengono tranne l’onnipresente e devota Marlene, sua serva, che la ama incondizionatamente. Ponendo la Donna come totem assoluto, Fassbinder accusa la società odierna per la perdita delle emozioni primitive. La dipendenza è ciò che lega tutti i personaggi del dramma. Maschere che Fassbinder e in seguito Latella cercano di sciogliere, penetrare, vivisezionare con la speranza di trovare la poesia delle emozioni sopravvissute. Il risultato che ottengono è una tragedia, un melodramma moderno. Esaurita dopo esser stata lasciata da Karin, nel colmo della sua crisi isterica, Petra confessa: “Bisogna imparare ad amare, senza pretendere nulla... io volevo solo possedere”. E accusa: “Siete tutte così false, misere, siete delle stronze, repellenti, siete solo dei parassiti”. Una possibile via di uscita è distruggere tutto, fare a pezzi la bambolona con le sembianze di Karin, alzare il telo che divideva la “faccia” e “l’anima” del palcoscenico. Accanto a Petra rimane solo Marlene le cui lacrime, sintesi artistica dell’amarezza del vivere, segnano il finale della visione.
Tomas Kutinjač
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