"Il Festino" di Emma Dante apre la stagione della Soffitta 2008, approdando il 26 gennaio all'ITC di San Lazzaro, all'interno del progetto Interscenario. Si tratta di un soliloquio scritto e diretto dalla regista palermitana, uno straordinario lavoro affidato all'interpretazione di Gaetano Bruno, fedele collaboratore della Dante e componente storico della compagnia Sud Costa Occidentale, vincitrice del Premio Scenario nel 2001. Siamo alla festa di Paride; siamo di fronte alla solitudine di un uomo che non è riuscito a crescere. Due compleanni dunque, quello di Paride e quello della Soffitta, che con la prima de "Il Festino"2008 festeggia il suo ventesimo anniversario.
Un baule pieno di giochi, di palloncini, di lucine colorate e di tante scope: siamo alla festa di Paride e del suo gemello Iacopo. Festeggiando il suo trentanovesimo compleanno, Paride ripercorre la sua vita, i sensi di colpa di un uomo che non è riuscito a crescere, di un ragazzo che la famiglia non ha voluto accettare perché mentalmente debole e “aggrippato”.
Paride prova a sciogliere i nodi della matassa della sua vita, o per lo meno a mostrarli, come se questo potesse liberarlo dal nodo più difficile: il fratello paralizzato dalla nascita. Iacopo, alter ego di Paride, non c’è più e forse non c’è mai stato; le loro disabilità si completano. Iacopo è morto, ma la sua presenza è forte nelle parole, nelle sembianze e nel ricordo di Paride. Una schiena nuda e sudata ci narra l’episodio di una morte inaspettata, avvenuta in un momento di gioia, in un abbraccio. E così si aggiunge un altro nodo, un altro peso da caricare: Paride sa trovare il baricentro di tutti gli oggetti e farli stare in piedi, con Iacopo non c’è mai riuscito.
Chiuso nello sgabuzzino trova la sua vera famiglia e i suoi veri amici, sono le stesse scope con cui balla scatenato alla festa. Nella solitudine sfoga i suoi sensi di colpa e il suo amore per Iacopo, il dolore per l’abbandono della famiglia, per una società che non l’ha voluto accogliere. Con la sua vocina stridula, il suo sudore, la sua camminata sbilenca, Paride legge una lettera infame del padre, che vorrebbe riuscire a spillare la pensione d’invalidità del fratello. Ma lui è deciso, questo sarà il suo ultimo compleanno e vuole goderselo fino in fondo, ballando nudo e divorando la sua torta ricoperta di ketchup.
Spiamo la festa di Paride, forse vorremmo essere lì con lui per dirgli che almeno noi ci siamo; salvarlo dalla sua ferma volontà suicida; salvarci, perché anche noi siamo parte della stessa società che lo ha escluso, una società che ha paura dello stigma, della diversità.
Ci limitiamo ad un applauso interminabile, un segno di ringraziamento al lavoro di Emma Dante, alla difficile interpretazione di Gaetano Bruno, a Paride. Con “Il Festino” Emma Dante ci offre un’ennesima denuncia dei meccanismi che regolano la società, quel “dare per scontato” che costituisce la nostra cultura; metterli in scena significa scardinarli, decostruirli.
Paola Stella Minni
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