Un ab-uso che attraverso il linguaggio ricerca lo spazio impercettibile tra finzione e realtà. L’Accademia degli Artefatti sperimenta la messinscena di My arm e An oak tree dell’attore/autore britannico Tim Crouch, in scena al Teatro San Martino dal 5 al 10 Febbraio. Entrambi gli spettacoli sembrano condividere la stessa necessità, realizzandosi come performance art, unendo alla narrazione supporti video e sonori, una telecamera live e un proiettore, come se lo sguardo e l’attenzione dello spettatore dovessero focalizzarsi sulla realtà stratificata delle cose. My arm, prima piéce di Tim Crouch che ha debuttato nel 2003 a Edimburgo, è il monologo di un trentenne che ha sfidato la propria resistenza fisica e, dopo essersi sottoposto a un lungo periodo senza parlare e poi senza andar di corpo, vuole dimostrare per quanto tempo riuscirà a tenere un braccio alzato sopra la testa, un arto sarà così protagonista della vicenda personale di un’intera esistenza. An oak tree è il testo di Tim Crouch che più gioca sull’ambiguità tra finzione e realtà, portando in scena lo spettacolo di un ipnotizzatore. La scelta fatta dall’autore per realizzare sulla scena questa drammaturgia prevede che l’interprete che affianca l’attore principale cambi a ogni replica, ricevendo il copione solo in scena, dunque ignaro di ciò che dovrà interpretare. Non un’improvvisazione ma la curiosità di lasciarsi sorprendere da una storia che prende vita nel momento stesso della sua realizzazione sulla scena, per questo il secondo attore sarà guidato dal primo che deciderà quando e in che modo comunicargli le informazioni sulle battute e sui movimenti. Gli Artefatti hanno seguito in modo coerente l’idea dell’autore, alternando gli attori della compagnia, oltre gli attori esterni, per cogliere le varie reazioni nelle differenti repliche. Matteo Angius, attore dell’Accademia degli artefatti, interprete di entrambi i testi di Crouch evidenzia, mediante una recitazione a tratti spaesante, la continua metamorfosi della finzione nella realtà e viceversa, della vita nel teatro e viceversa. L’attore, infatti, parla agli spettatori, si colloca fra loro e allo stesso tempo mantiene la sua posizione sulla scena, finché i due ruoli confondendosi sembrano assumere un’unica identità.
Stefania Baldizzone
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